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Alzheimer e CBD: cosa dice la scienza

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Il morbo di Alzheimer è la forma di demenza più comune. Si tratta di una patologia che provoca la perdita di memoria e di altre abilità intellettuali. E’ una malattia progressiva, nella quale i sintomi di demenza peggiorano gradualmente con il passare del tempo, fino ad interferire gravemente sulle normali attività quotidiane. Ma qual è la correlazione tra Alzheimer e CBD?

Numerosi studi hanno evidenziato come la cannabis, in particolare i cannabinoidi THC e CBD, possano essere efficaci per migliorare la qualità della vita de pazienti affetti da malattie neurodegenerative.

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La prima scoperta dell’Alzheimer

Nel 1906 il medico tedesco Alois Alzheimer descriveva per la prima volta il caso inquietante di Auguste D., un paziente che soffriva di una grave perdita di memoria e aveva importanti cambiamenti psicologici che peggioravano giorno dopo giorno.

Dopo la sua morte, il dottor Alzheimer eseguendo l’autopsia vide nel cervello del suo paziente un restringimento drammatico e depositi anormali.

Nel 1910 Emil Kraepelin, uno psichiatra tedesco che aveva lavorato con il dottor Alzheimer, nomina per la prima volta nel suo libro la malattia di Alzheimer.

Cos’è il morbo di Alzheimer?

Il morbo di Alzheimer è considerato attualmente la sesta causa di morte nel mondo.

È una patologia cerebrale progressiva che provoca gradualmente la distruzione delle cellule nervose, nonché un’irreversibile perdita delle abilità cognitive.

Solitamente colpisce in età avanzata, ma può insorgere anche in pazienti tra i 30 e i 60 anni.

Sintomi

Nella prima fase, i sintomi riscontrabili sono :

  • Piccoli problemi di memoria a breve termine incapacità di compiere azioni comuni
  • Leggeri cambiamenti della personalità
  • Necessità di ripetere più volte le stesse domande
  • Lievi difficoltà nel linguaggio e nel calcolo
  • Problemi di ragionamento e di comprensione
  • Tendenza a non prendere iniziative.

Con il progredire della malattia possono insorgere altri sintomi come :

  • Ulteriori sbalzi di umore
  • Incontinenza
  • Perdita di peso
  • Perdita del controllo motorio
  • Difficoltà a pensare, ragionare ed esporsi

Le complicazioni della malattia nelle sue fasi più avanzate possono risultare fatali.

Cause

Le cause dell’Alzheimer ad oggi non sono ancora del tutto comprese. Tuttavia, alcuni studi hanno provato che diversi fattori possono mettere più a rischio lo sviluppo della patologia:

  • Età
  • Diabete di tipo 2
  • Droghe
  • Ereditarietà
  • Lesioni alla testa
  • Colesterolo alto
  • Obesità
  • Fumo
  • Esposizione a sostanze tossiche
  • Ipertensione.

Cure

Bisogna precisare che le cure attuali non sono né sicure né efficaci e, anche se possono ridurre i sintomi, non sono in grado di fermare o rallentare il progredire della patologia.

Nel 2014 per la prima volta è stato citato uno studio che dimostra la capacità del CBD di invertire i deficit cognitivi dell’Alzheimer nei topi transgenici.

I dati hanno fornito la prova che il cannabidiolo è utilizzabile nel trattamento preventivo di sintomi della malattia.

Esso, infatti, favorisce lo sviluppo di nuovi neuroni nell’area cerebrale dell’ippocampo, cioè dove risiedono i ricordi.

Il dottor Schubert, studiando gli effetti dei cannabinoidi sul trattamento dell’Alzheimer, ha dimostrato che il CBD può ridurre la quantità di beta amiloide nel cervello, cioè un frammento di proteina comunemente ritenuto la causa della malattia neurodegenerativa.

Anche il THC, se tollerato, può rivelarsi efficace, in quanto in grado di rallentare e persino invertire l’Alzheimer nei ratti.

Ricordiamo che prima di procedere con l’assunzione di CBD e THC è necessario consultare il proprio medico.

Alzheimer e CBD: le ultime ricerche

Un nuovo studio condotto nel Aprile del 2021 presso il Dipartimento di Biologia Orale e Scienze Diagnostiche del Dental College of Georgia (USA), rivela che l’ingrediente non psicoattivo della marijuana potrebbe anche essere la chiave per fermare i fattori scatenanti del morbo di Alzheimer.

I ricercatori del Medical College of Georgia dicono che alte dosi di CBD ripristinano la funzione delle proteine chiave che puliscono gli accumuli di placche beta-amiloidi nel cervello.

Questi grumi sono una delle cause principali del morbo di Alzheimer.

L’interleuchina 33 (IL-33) è una proteina del cervello che, ad alti livelli, è stata collegata all’accumulo di beta-amiloide, un biomarcatore dell’Alzheimer.

La proteina TREM-2, codificata dal gene TREM-2, è anche legata alla malattia neurodegenerativa.

Il loro studio, che consiste in un corso di trattamento di due settimane nei topi, ha aumentato le proteine TREM2 e IL-33. Queste aiuterebbero le cellule immunitarie del cervello a pulire le cellule morte e altri detriti nel corpo.

Quando le placche si accumulano nel cervello, iniziano ad interferire con la comunicazione tra i neuroni e portano alla morte delle cellule cerebrali.

I livelli di entrambe le proteine diminuiscono nei pazienti con Alzheimer.

Alzheimer e CBD: il cannabidiolo normalizza i livelli delle proteine

Per la prima volta, gli studiosi riferiscono che i trattamenti con il CBD hanno normalizzato i livelli di queste proteine. Inoltre, il cannabidiolo ha aiutato a migliorare la funzione cognitiva nei topi con una forma di Alzheimer familiare ad insorgenza precoce.

Il Dr. Babak Baban, un immunologo e decano associato per la ricerca nel Dental College of Georgia, dice che il CBD ha aiutato a ridurre i livelli di IL-6.

I ricercatori credono che questa particolare proteina immunitaria abbia un legame con gli alti livelli di infiammazione nei pazienti di Alzheimer.

Gli studiosi hanno lavorato con animali alle ultime fasi dell’inizio dell’Alzheimer, dando loro dosi elevate ogni due giorni per due settimane.

Il Dr. Khodadadi ha affermato che il prossimo passo sarà quello di determinare le dosi migliori per i pazienti e sperimentare trattamenti con CBD somministrati prima nella progressione della malattia.

Gli esperti stanno valutando se possono somministrare queste dosi di CBD attraverso un inalatore, che migliorerebbe il trasporto del CBD al cervello.

Attualmente, i ricercatori hanno somministrato ai topi dosi di CBD nello stomaco e da lì l’hanno lasciato filtrare in tutto il corpo.

L’Alzheimer familiare è una versione ereditata e genetica della malattia che tipicamente si manifesta nei 30 o 40 anni. Circa il 10-15 % dei pazienti hanno l’Alzheimer familiare ad insorgenza precoce.

Risultati sul rapporto tra Alzheimer e CBD

Il Dr. Baban dice:

“C’è un estremo bisogno di modalità terapeutiche innovative per migliorare i risultati dei pazienti di Alzheimer. In questo studio, abbiamo testato che il cannabidiolo (CBD) migliora i risultati in un modello traslazionale di Alzheimer familiare. Inoltre, esso regola l’interleuchina (IL)-33 e il recettore di attivazione espresso sulle cellule mieloidi 2 (TREM2), che sono associati a una migliore funzione cognitiva.

Il CBD è stato somministrato a topi 5xFAD, affetti da Alzheimer familiare ad insorgenza precoce. Test comportamentali e test immunologici sono stati utilizzati per valutare i risultati cognitivi e motori.

I nostri risultati suggeriscono che il trattamento con CBD ha migliorato l’espressione di IL-33 e TREM2, migliorato i sintomi di Alzheimer e ritardato il declino cognitivo“.

Il Dr. Baban dice che il team sta già cercando di stabilire l’efficacia del CBD sulle forme più comuni di Alzheimer negli studi clinici.

In questi casi, le placche e i grovigli neurofibrillari contribuiscono entrambi alla morte delle cellule cerebrali.

L’autore dello studio nota che le placche beta-amiloidi di solito iniziano a formarsi nel cervello da 15 a 20 anni prima che compaiano i sintomi della demenza.

 

 

Vi ricordiamo che l’articolo è a solo scopo informativo, non va considerato come un suggerimento terapeutico e i prodotti non vanno intesi come medicinali o sostituti di essi.

Per ulteriori conferme circa le proprietà del CBD ed i suoi utilizzi dobbiamo attendere nuovi studi scientifici.

 

Fonte : ” Cannabidiol Ameliorates Cognitive Function via Regulation of IL-33 and TREM2 Upregulation in a Murine Model of Alzheimer’s Disease 

 

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