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la marijuana crea dipendenza

Marijuana: 10 falsi miti da sfatare!

La marijuana è probabilmente la pianta presente in natura che ha scatenato più tempeste nella civiltà umana. La coltivazione e il consumo di cannabis esistono ormai da oltre 5 mila anni. Con l’invenzione della manipolazione del giornalismo a fini sociali o politici, però, sono sorte sempre più contestazioni. Queste hanno portato alla promulgazione del Marihuana Tax Act del 1937, che ha segnato l’inizio del proibizionismo. Solo negli ultimi anni, la marijuana è tornata ad essere al centro del dibattito pubblico. In molti Paesi, infatti, è stata ormai legalizzata. Tuttavia, ancora oggi è spesso al centro di dibattiti pubblici e scientifici, circondata da una miriade di miti e concezioni errate. Una delle domande più gettonato è: la cannabis crea dipendenza?

In questo articolo, risponderemo a questa domanda ed esploreremo i miti più comuni legati al mondo della marijuana.

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10 falsi miti sulla marijuana

1. La marijuana crea dipendenza?

La prima domanda a cui dobbiamo rispondere è proprio questa: ma la marijuana crea dipendenza? La questione della dipendenza da cannabis è complessa e merita un’analisi approfondita per comprendere le sfumature del suo impatto sugli individui. Sebbene la cannabis sia meno dipendente rispetto ad altre sostanze comunemente abusate, non è esente da rischi. E’ vero, molti consumatori fanno uso di cannabis senza sviluppare altre forme di dipendenza. Tuttavia, non è sempre così. La scienza, infatti, afferma che la cannabis (come moltissime altre sostanze) non è perfetta ed innocua. La dipendenza da cannabis si manifesta quando l’uso frequente e costante della sostanza porta a significativi problemi clinici o disabilità, come la perdita di controllo sull’uso, l’assorbimento di molto tempo nella gestione dell’uso, desiderio intenso, e l’uso continuato nonostante i problemi sociali e interpersonali causati o esacerbati dall’uso.

A differenza degli oppioidi o dell’alcol, i quali possono causare una dipendenza fisica severa con gravi sintomi di astinenza, la cannabis produce una dipendenza meno fisica. I sintomi di astinenza della cannabis, se presenti, tendono ad essere più lievi e possono includere irritabilità, insonnia, diminuzione dell’appetito, ansia e cambiamenti dell’umore. Questo differisce significativamente dagli effetti dell’astinenza da alcol o oppioidi, che possono essere tanto gravi da richiedere un intervento medico urgente.

La vulnerabilità alla dipendenza da cannabis può variare a seconda di molti fattori. Il rischio aumenta se l’uso inizia in giovane età, come indicato dal National Institute on Drug Abuse (NIDA), a causa della sensibilità del cervello in sviluppo agli effetti dei cannabinoidi. Inoltre, la frequenza e la quantità di cannabis utilizzata giocano un ruolo critico; l’uso quotidiano o quasi quotidiano aumenta notevolmente la probabilità di sviluppare una dipendenza. Inoltre, questa può essere influenzata da fattori psicologici e ambientali, come ansia e depressione. Anche fattori ambientali come stress familiare o pressione dei coetanei possono contribuire alla frequenza e alla quantità di cannabis consumata.

Fumando quotidianamente, quindi, la marijuana crea dipendenza, anche se in maniera nettamente più lieve rispetto alle droghe pesanti.

2. Maggiore è il consumo, maggiore è il tasso di criminalità

La percezione che l’uso di cannabis possa essere direttamente collegato all’aumento della criminalità è una questione complessa e spesso fraintesa. La legalizzazione della cannabis può effettivamente avere un impatto sul tasso di criminalità, ma non nel modo in cui molti potrebbero pensare.

Il proibizionismo classifica l’uso, la coltivazione e la vendita di marijuana come attività criminali, alimentando così il mercato nero. Questo mercato illegale non si limita alla vendita di cannabis, ma spesso include anche sostanze molto più pericolose, come cocaina ed eroina. L’esistenza di un mercato nero robusto può rafforzare le organizzazioni criminali, offrendo loro una fonte consistente di reddito.

Contrariamente, la legalizzazione e la regolamentazione della marijuana possono portare a una riduzione dell’attività criminale. Creando un mercato legale, gli stati possono sottrarre significativi introiti ai traffici illegali, indebolendo così le reti criminali che dipendono dalla vendita di droga. Inoltre, i venditori legali, essendo regolati e tassati, contribuiscono all’economia formale e riducono la necessità di acquisto dal mercato nero.

Riguardo alla relazione diretta tra consumo di cannabis e comportamento criminale, non esistono prove concrete che suggeriscano che fumare cannabis renda le persone più inclini a commettere reati. Sebbene sia vero che alcuni criminali possono usare cannabis, così come altre droghe, questo non implica che il consumo di cannabis causi comportamenti criminali. La presenza di cannabis tra alcuni individui criminali non stabilisce una causalità, ma potrebbe piuttosto riflettere tendenze più ampie di abuso di sostanze in determinati ambienti sociali.

3. Prima la marijuana, poi…

L’idea che la cannabis funzioni da trampolino di lancio per droghe più pericolose è un mito diffuso, ma non supportato dalle evidenze. In tutto il mondo, milioni di persone utilizzano la cannabis senza passare a sostanze più nocive. È importante notare che alcuni individui possono passare a droghe più pesanti senza aver mai consumato cannabis. Inoltre, nei luoghi dove la cannabis è legale, viene spesso impiegata per aiutare le persone a liberarsi dalle dipendenze.

Negli Stati Uniti, l’abuso di oppioidi rappresenta una crisi sanitaria nazionale, con quasi 47,000 decessi per overdose nel 2017. Tuttavia, con la legalizzazione della cannabis, si è registrata una riduzione significativa di questo numero, fino al 35%. La cannabis si è rivelata un’efficace alternativa agli oppioidi nel controllo del dolore e un utile supporto nella cessazione dell’uso di sostanze come nicotina, alcol, cocaina, e oppioidi stessi.

4. Un overdose da cannabis porta alla morte

Nonostante le migliaia di morti annuali attribuite all’alcol e ad altre droghe pesanti come cocaina ed eroina, non esistono casi documentati di decessi direttamente causati dall’uso esclusivo di cannabis. Questo deriva dalla natura dei cannabinoidi, i componenti attivi della cannabis, che non influenzano l’area del cervello che regola la respirazione.

Gli oppioidi, d’altro canto, possono causare overdose mortali perché interagiscono con i recettori nei centri respiratori del cervello, provocando una depressione respiratoria che può essere fatale. La cannabis, al contrario, non esercita un effetto depressivo sui centri respiratori, rendendo estremamente improbabile una morte per overdose di cannabis. Gli esperti confermano che la mortalità diretta causata dal solo uso di cannabis è estremamente rara, se non inesistente.

5. La marijuana brucia il cervello

L’affermazione che la marijuana “bruci il cervello” è un’esagerazione senza basi scientifiche solide, spesso utilizzata dai sostenitori del proibizionismo. Igor Grant, un rinomato psichiatra della University of California a San Diego, ha chiarito che non ci sono evidenze di danni a lungo termine causati dalla marijuana negli adulti. Tuttavia, la ricerca continua, specialmente riguardo agli effetti della cannabis sul cervello degli adolescenti, i cui sistemi nervosi sono ancora in sviluppo. Finora, i risultati non sono conclusivi e non offrono risposte definitive.

Studi condotti su modelli animali adulti hanno suggerito che dosi moderate di THC potrebbero avere un effetto protettivo contro il declino cognitivo negli anziani. Al contrario, negli animali giovani, il THC sembra influenzare negativamente alcune funzioni cognitive, come la memoria e l’apprendimento.

Per quanto riguarda la salute respiratoria, il principale rischio legato al consumo di cannabis è rappresentato dalla bronchite cronica, principalmente dovuta alla combustione del materiale vegetale e al consumo congiunto con il tabacco. Questo problema, però, può essere mitigato attraverso l’uso di vaporizzatori, che riscaldano la cannabis senza bruciarla, evitando così la liberazione di sostanze nocive tipiche della combustione.

6. La marijuana crea dipendenza e, quindi, provoca sintomi di astinenza

Nonostante la percezione comune che la marijuana sia esente da rischi di dipendenza, la realtà è che può, effettivamente, causare sintomi di astinenza, sebbene questi siano generalmente più lievi rispetto a quelli associati all’alcol o ad altre droghe. Gli utenti abituali che interrompono l’uso di cannabis possono esperire sintomi quali:

  • Irritabilità
  • Mal di testa
  • Problemi di sonno
  • Sintomi simil-influenzali
  • Sensazioni di tristezza e ansia

Fortunatamente, questi sintomi tendono a essere di breve durata e non particolarmente severi. Per alleviare questi sintomi, è consigliabile bere molta acqua, seguire una dieta equilibrata, praticare regolare attività fisica e cercare di rilassarsi il più possibile.

7. Trattenere il fumo nei polmoni aumenta lo sballo

La credenza che trattenere il fumo nei polmoni possa intensificare gli effetti dello sballo è diffusa, specialmente tra i giovani, ma non trova riscontri scientifici. Infatti, non è necessario trattenere il fumo per periodi prolungati per aumentare l’intensità dello sballo.

Studi indicano che il THC, il principio attivo della cannabis, viene assorbito molto rapidamente dai polmoni nel flusso sanguigno, rendendo inutile il trattenere il fumo nei polmoni per un tempo maggiore. Se l’obiettivo è ottenere un effetto più forte, l’unica soluzione efficace è quella di aumentare la quantità consumata, piuttosto che il tempo di inalazione.

8. Il consumo di cannabis rende pigri

L’idea che l’uso di cannabis renda invariabilmente pigri è un’affermazione che necessita di una sfumatura, dato che gli effetti variano notevolmente in base al tipo di cannabis utilizzato. Le varietà di cannabis sono generalmente classificate in due categorie principali: indica e sativa. Le varietà sativa sono note per i loro effetti stimolanti, che possono incrementare l’attività e la creatività, rendendole ideali per l’uso durante il giorno. Al contrario, le varietà indica tendono a produrre effetti più rilassanti e sono spesso raccomandate per la sera, poiché aiutano a rilassarsi e a dormire.

Quindi, l’effetto della cannabis sull’energia e la produttività dipende fortemente dalla specifica varietà consumata. Non è accurato generalizzare che tutto l’uso di cannabis conduca a pigrizia; piuttosto, alcune varietà possono effettivamente promuovere la calma e il rilassamento, mentre altre possono stimolare l’energia e l’attività.

9. Non esistono postumi da marijuana

Contrariamente alla convinzione che non ci siano effetti residui dall’uso della marijuana, alcuni consumatori possono esperire leggeri sintomi il giorno seguente. Questi possono includere un senso di annebbiamento mentale, stanchezza, occhi arrossati e occasionalmente mal di testa. Tuttavia, questi sintomi sono generalmente meno intensi rispetto ai postumi di una sbornia da alcol e tendono a dissiparsi più rapidamente.

Se usata con moderazione, la marijuana non dovrebbe impedire il normale risveglio o interferire significativamente con le attività quotidiane.

10. La marijuana non ha alcun valore terapeutico

Contrariamente alle affermazioni che negano il valore terapeutico della marijuana, è importante riconoscere che la cannabis ha una lunga storia di uso medicinale. Di recente, anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha riconosciuto il suo valore, rimuovendo la cannabis dalla Tabella IV della Convenzione sugli stupefacenti, un elenco che includeva le sostanze ritenute particolarmente pericolose e con un basso valore terapeutico.

Mentre la ricerca continua a espandersi e a fornire ulteriori prove, il potenziale terapeutico della cannabis è ampiamente riconosciuto e sfruttato in vari contesti medici. Questo riconoscimento a livello internazionale serve a sottolineare l’importanza e l’efficacia della cannabis come strumento terapeutico.

Conclusioni

Questi naturalmente sono solo alcuni dei falsi miti riguardanti la cannabis. E’ lecito avere dubbi, soprattutto su una cosa che è ancora in fase di studio, tuttavia l’informazione resta la miglior difesa!

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DOMANDE FREQUENTI


Quando la marijuana diventa dipendenza?
La dipendenza dalla marijuana può svilupparsi quando una persona inizia ad utilizzarla regolarmente e sviluppa una tolleranza agli effetti della sostanza, il che significa che ha bisogno di quantità sempre maggiori per ottenere gli stessi effetti desiderati. Altri segni di dipendenza possono includere la perdita di controllo sull’uso della sostanza, il desiderio compulsivo di consumarla nonostante le conseguenze negative, il tempo trascorso a ottenere, usare o recuperare dalla sostanza e l’abbandono di attività importanti a causa dell’uso della marijuana. È importante ricordare che la dipendenza varia da persona a persona e dipende da una serie di fattori, tra cui predisposizione genetica, ambiente sociale, eziologia e frequenza di consumo. Se una persona sospetta di essere dipendente dalla marijuana o da qualsiasi altra sostanza, è consigliabile cercare aiuto da parte di un professionista qualificato.

Quanto tempo ci vuole per eliminare la dipendenza da marijuana?
La durata del processo di disintossicazione e recupero dalla dipendenza dalla marijuana può variare da persona a persona e dipende da diversi fattori, tra cui la durata e l’intensità dell’uso, la predisposizione genetica, lo stato di salute generale e il supporto sociale disponibile. In genere, il corpo impiega da qualche settimana a diversi mesi per eliminare completamente i residui di THC e altri composti della marijuana. Tuttavia, il recupero completo dalla dipendenza può richiedere più tempo e può coinvolgere il supporto di professionisti della salute mentale, programmi di riabilitazione, terapia individuale o di gruppo e cambiamenti nello stile di vita.
 


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