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cbd e memoria

CBD e memoria: il ruolo del cannabidiolo

Sono sempre di più gli scienziati e gli studiosi che si interessano al CBD, il principio attivo non psicoattivo presente nella cannabis. Purtroppo, a causa dell’area grigia che circonda il suo status legale, la ricerca clinica su larga scala è stata limitata, il che rende difficile scoprire il pieno potenziale del cannabinoide. Tuttavia, gli esperti sono sempre più interessati alle possibili correlazioni tra CBD e memoria.

Un recente studio condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilevato che il CBD ha quasi zero rischi per la salute. Inoltre, il cannabidiolo ha dimostrato di non avere effetti negativi sulla memoria. La domanda che ci si pone è: ma questo cannabinoide potrebbe anche migliorare la memoria e le facoltà cognitive? Ha il CBD effetti sul cervello? Vediamo insieme cosa si dice a riguardo!

Il deterioramento cognitivo

“Deterioramento cognitivo” è un termine scientifico utilizzato per descrivere la perdita di memoria. È un problema comune, soprattutto tra le persone di età superiore ai 50 anni. Tutti possono occasionalmente dimenticare il telefono prima di uscire, ripetere una frase appena detta o smarrire oggetti in casa. Tuttavia, per alcune persone, questa sensazione si verifica più frequentemente.

Il timore di sviluppare condizioni come l’Alzheimer è diffuso, soprattutto tra coloro con una storia familiare di tali patologie. Ecco perché è fondamentale approfondire la conoscenza del CBD, che recenti studi hanno riconosciuto come giocatore chiave nella neuroprotezione.

Ricerche scientifiche indicano che il CBD può sostenere la funzione cerebrale e potrebbe migliorare la memoria. Il cannabidiolo promuove la neurogenesi, contribuendo a ridurre il deterioramento delle funzioni cognitive dovuto all’età, alle malattie e ai traumi. Pertanto, potrebbe offrire beneficio alle persone affette da disturbi degenerativi della memoria. In particolare, il potenziale terapeutico delle proprietà del CBD per l’Alzheimer è oggetto di un’attenta analisi.

Perché abbiamo difficoltà a concentrarci sulle nostre mansioni?

Potrebbe trattarsi semplicemente di una radio che suona in sottofondo, ma quando è necessario concentrarsi, anche il più piccolo rumore può distrarre. In questi casi, la soluzione è facile: eliminare l’elemento di disturbo. Tuttavia, esistono molti altri fattori che possono influire notevolmente, come la mancanza di sonno, lo stress e i disturbi cognitivi.

Il sonno svolge un ruolo fondamentale ed una eventuale carenza può compromettere la nostra salute, nonché i nostri livelli di concentrazione. La mancanza di sonno, infatti, ostacola l’apprendimento e l’abilità di acquisire dati. Inoltre, può annebbiare la mente, e compromettere le capacità motorie e di giudizio.

Gli effetti della privazione del sonno sulle performance cognitive sono ben illustrati in un articolo pubblicato su Neuropsychiatric Disease and Treatment. È stato evidenziato che la mancanza di sonno può causare una riduzione delle funzionalità cognitive, aumentando i livelli della molecola neurochimica cortisolo.

Anche lo stress può indubbiamente influire sulla concentrazione e l’attenzione di un individuo. Diverse ricerche hanno evidenziato un potenziale legame tra livelli di cortisolo e meccanismi di reazione allo stress.

Una seconda ricerca, condotta dalla University of Limburg, ha rilevato che livelli di cortisolo più elevati possono provocare una diminuzione dell’attenzione. La combinazione di stress e mancanza di riposo può risultare un vero e proprio problema per la nostra concentrazione.

Deterioramento cognitivo e cannabis: il ruolo del cannabidiolo

Ci troviamo attualmente in una fase iniziale della ricerca e dell’esplorazione personale riguardo al CBD. Gli scienziati stanno attivamente studiando il potenziale del CBD nell’arrestare la degenerazione neuronale e la conseguente perdita di memoria.

Un recente studio ha rilevato una “prova di principio” riguardo al trattamento dell’Alzheimer utilizzando il CBD. Gli esperti hanno somministrato CBD e terapie contenenti THC a cavie animali affette da Alzheimer per valutarne gli effetti su neurogenesi, il processo biologico che porta alla produzione di nuovi neuroni. Questo processo è cruciale per migliorare la funzione cerebrale e i risultati potrebbero avere implicazioni per coloro con disturbi cognitivi, anche di lieve entità.

I ricercatori hanno concluso che “il CBD può prevenire e contrastare il deterioramento cognitivo” e può anche “ridurre la reazione neuroinfiammatoria e la gliosi.” Tuttavia, gli autori dello studio hanno sottolineato la necessità di ulteriori ricerche per determinare il dosaggio esatto di CBD e le diverse risposte tra maschi e femmine.

Il CBD agisce direttamente sul cervello, interagendo con la dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto nella memoria e nella concentrazione. Quando i livelli di dopamina sono bassi, la concentrazione e l’attenzione diminuiscono. Il CBD, con le sue proprietà neuroprotettive, contribuisce a mitigare i danni causati dal processo naturale di invecchiamento. Inoltre, il cannabidiolo può influire positivamente sui traumi, agendo in modo calmante e riducendo lo stress e l’ansia, facilitando così la rimozione dei ricordi spiacevoli.

CBD: effetti sul cervello

Come vi abbiamo accennato, i cannabinoidi presenti nella cannabis interagiscono all’interno del sistema endocannabinoide, permettendo di regolare il benessere del corpo. Questo sistema è composto da recettori presenti non solo sul cervello, ma su tutto il corpo. L’organismo genera autonomamente endocannabinoidi, soprattutto con l’aiuto degli acidi grassi Omega-3. Tuttavia, talvolta non ne produce a sufficienza, rompendo l’equilibrio del sistema endocannabinoide.

I recettori cannabinoidi naturali sono due, CB1, che si trovano nel cervello, e CB2, che sono presenti nel sistema nervoso, nell’intestino e nel tessuto connettivo. I cannabinoidi CBD e THC sono i principali associati al dolore. Quando assumiamo cannabis, questi cannabinoidi sono in grado di attivare i recettori CB1 e CB2 lungo tutto il corpo.

Numerosi studi clinici hanno confermato le proprietà rilassanti e calmanti del CBD, in quanto quest’ultimo è in grado di limitare la produzione di cortisolo, definito “l’ormone dello stress”. Inoltre, il CBD ha la capacità di favorire la concentrazione, migliorare l’umore e diminuire la percezione del dolore.

CBD e neurogenesi

La neurogenesi è un processo attraverso il quale il cervello genera nuovi neuroni, le cellule nervose che ricevono le informazioni sensoriali e inviano ordini ai muscoli per produrre movimento. Secondo diverse teorie, il CBD aiuta ad incrementare la neurogenesi. In uno studio del 2010 condotto sui topi, si è scoperto che una dieta arricchita con CBD favoriva la sopravvivenza dei neuroni appena formati. In uno studio del 2018, invece, eseguito su topi affetti da stress cronico, si è scoperto che Il CBD accresceva la differenziazione neuronale, ovvero il processo di sviluppo cellulare.

Gli studiosi concordano sul fatto che il cannabidiolo possieda la capacità di potenziare l’attività neurogenica, nonostante siano necessari ulteriori studi.

CBD e stress ossidativo

Lo stress ossidativo si verifica quando il corpo produce più radicali liberi rispetto agli antiossidanti. I radicali liberi sono molecole che sottraggono elettroni ad altre cellule, provocando dei danni all’organismo. Un eccessivo stress ossidativo favorisce il processo di invecchiamento e potrebbe provocare lo sviluppo di problemi di salute a lungo termine, come ad esempio diabete, disturbi cardiaci e cancro.

Gli studi effettuati fino ad oggi hanno dimostrato che il CBD sarebbe in grado di ridurre i livelli di stress ossidativo. Uno studio del 2008 ha evidenziato che il cannabidiolo possiede il potenziale per bloccare le endotossine che provocano lo stress ossidativo.

Anche malattie degenerative come l’Alzheimer e il Parkinson sono in parte causate dallo stress ossidativo. Tuttavia studi recenti hanno confermato che il CBD ha il potenziale per dare sollievo a queste patologie.

Secondo uno studio del 2011, inoltre, il cannabidiolo sarebbe in grado di proteggere dal danno ossidativo causato dall’anfetamina. In aggiunta, uno studio del 2007 aveva scoperto che il CBD attenua la neuroinfiammazione provocata dall’Alzheimer, grazie alle sue proprietà antinfiammatorie.

CBD e flusso ematico cerebrale

Il flusso del sangue è fondamentale per il funzionamento ottimale del cervello. Negli umani, il flusso ematico cerebrale medio è di 50ml di sangue per 100 grammi di tessuto cerebrale al minuto. Recenti studi hanno evidenziato una connessione fra il CBD e il flusso ematico cerebrale.

Uno studio del 2020, pubblicato nel Journal of Psychopharmacology, ha dimostrato le possibili capacità del CBD di incrementare il flusso sanguigno verso l’ippocampo, cioè l’area del cervello responsabile dell’apprendimento e della memoria. Inoltre, il CBD potrebbe potenzialmente migliorare il modo in cui il cervello elabora le memorie emotive.

CBD ed effetti psicotropi

E’ risaputo che il THC è il responsabile degli effetti psicotropi e può provocare ansia e paranoia. Il CBD, tuttavia, sembra che possa aiutare a riequilibrare queste spiacevoli sensazioni.

Secondo uno studio del 2015, infatti, il CBD può aiutare a ridurre l’ansia indotta dal THC. Questo significa che il CBD riduce la capacità del THC di provocare effetti psicotropi secondari legandosi con i recettori CB1.

Inoltre, il CBD sembra essere un potenziale ausilio nel trattamento del disturbo post traumatico da stress e dell’ansia sociale.

CBD e sostanze neurochimiche

Il cervello ospita diverse sostanze neurochimiche, responsabili della modulazione di varie funzioni cerebrali. Le più interessanti sono senz’altro dopamina e anandamide.

La dopamina è un ormone che viene rilasciato durante esperienze gratificanti come mangiare o fare sesso. La dopamina aumenta anche con il consumo di droghe come nicotina, cocaina e anfetamine, e questo la rende generatrice di dipendenza. Secondo una ricerca pubblicata nel 2017, il CBD sarebbe in grado di combattere le dipendenze.

L’anandamide è una sostanza neurochimica scoperta dal Dr. Raphael Mechoulam, che ha un forte impatto sulla gioia e sul benessere. Sembra che questo endocannabinoide svolga delle funzioni legate anche al piacere, all’apprendimento e alla memoria. Il CBD, infatti, inibisce la ricaptazione e la scomposizione dell’anandamide, provocando, quindi, un aumento dei livelli dell’endocannabinoide nell’organismo.

CBD e memoria

Alcuni studi dimostrano che utilizzando il CBD si possono combattere gli effetti della perdita di memoria e dunque è possibile migliorare la cognizione generale.

Gli scienziati sostengono che la neuroprotezione del CBD antinfiammatorio sia provocata grazie alla sua azione sui recettori CBD2, in quanto il cannabidiolo agisce per produrre delle risposte antinfiammatorie nelle cellule del cervello. Di conseguenza il CBD limita i danni delle infiammazioni.

Nello specifico, è stato dimostrato che il CBD riduce il danno ossidativo nel cervello sul recettore cannabinoide CB2. Pertanto può aiutare anche a migliorare la memoria nelle persone che soffrono di schizofrenia.

Nelle persone che soffrono di malattie degenerative, come ad esempio l’Alzheimer, il CBD previene lo svolgimento del deficit di memoria di riconoscimento sociale e ritarda il processo di neurodegenerazione in quanto stimola la neurogenesi. Ancora non si è dimostrato l’utilizzo del CBD come trattamento per l’Alzheimer, tuttavia gli effetti positivi invitano ad approfondire gli studi investigativi.

CBD effetti sul cervello: gli studi

Uno studio della Northwestern University, realizzato in collaborazione con il Massachusetts General Hospital e la Harvard Medical School, pubblicato sul The Journal of Neuroscience, affermava che la cannabis potesse provocare dei cambiamenti strutturali nel cervello. Tuttavia, in America diverse associazioni avevano sottolineato come lo studio fosse stato finanziato da vari “oppositori” della cannabis. Le teorie sostenute, infatti, sono state smentite da una pubblicazione del 2015, sempre sul The Journal of Neuroscience, ad opera degli scienziati della University of Colorado Boulder e della University of Louisville. Secondo gli esperti gli esiti dello studio precedente non erano scientifici.

Nel nuovo studio sono stati selezionati adulti e adolescenti, alcuni consumatori abituali di cannabis e altri non consumatori. Tutti sono stati analizzati tramite risonanza magnetica del cervello. I risultati hanno confermato che non sono state trovate differenze significative tra chi consuma cannabis ogni giorno e i non consumatori. Secondo i ricercatori i risultati indicavano che, controllando attentamente l’uso di alcool, sesso, età e altre variabili, non vi era alcuna associazione tra l’uso di cannabis e il volume o la forma delle strutture sottocorticali.

Inoltre, nel 2014, l’European College of Neuropsychopharmacology ha pubblicato i risultati di un ampio studio. Gli esperti hanno concluso affermando che non esiste nessuna correlazione tra un utilizzo moderato di cannabis in età adolescenziale e i risultati degli esami sul loro quoziente intellettivo.

La ricerca brasiliana

Dagli inizi degli anni Ottanta ad oggi, sono numerose le ricerche innovative svolte dai ricercatori brasiliani, che hanno contribuito a rivalutare il ruolo del CBD e della Cannabis nella medicina ufficiale.

La storia degli scienziati brasiliani in questo campo comincia negli anni ’70, quando i potenziali effetti terapeutici del CBD furono dimostrati sia in diversi modelli animali di disturbi neuropsichiatrici, sia in studi clinici con soggetti umani, rendendoli i primi ricercatori a mettere in evidenza gli effetti ansiolitici e antipsicotici del CBD.

Nel 1982, gli scienziati brasiliani furono i primi a testare l’interazione tra CBD e THC in volontari sani, scoprendo che alte dosi orali di THC provocavano ansia e sintomi psicotici, che venivano attenuati quando il CBD veniva somministrato insieme al THC.

I dati promettenti di questi esperimenti, hanno aperto la strada ad una serie di ulteriori ricerche che hanno stabilito, attraverso studi su cellule, animali da laboratorio e pazienti, un chiaro legame tra CBD e attività antipsicotica.

L’interesse per la correlazione tra il cannabidiolo (CBD) e la perdita di memoria è cresciuto notevolmente in seguito ai risultati di un’analisi del 2013, pubblicata sul British Journal of Psychiatry. La ricerca ha evidenziato che l’uso prolungato di THC (il principio attivo psicoattivo della cannabis) causava una sensibile riduzione della memoria, soprattutto a breve termine. Tuttavia, ha anche rivelato che il CBD aveva un ruolo importante nel mitigare questa perdita di memoria indotta dal THC.

In uno studio che ha confrontato due gruppi di consumatori di cannabis, uno con alto contenuto di THC e l’altro con una maggiore concentrazione di CBD, è emerso che nel secondo gruppo non si manifestava alcun deterioramento nella capacità di memorizzazione e ricordo.

La ricerca si è concentrata su un particolare recettore, il CB1, coinvolto nell’interazione tra cannabinoidi e le regioni cerebrali legate alla memoria. I risultati suggeriscono che questo recettore potrebbe essere responsabile degli effetti negativi del THC ma al contempo attenuare tali effetti negativi, grazie all’azione del CBD.

Nel 2016, uno studio condotto dalla Society for the Study for the Addiction ha testato gli effetti del CBD su ratti da laboratorio, rilevando una minore gratificazione indotta da sostanze stupefacenti. Questo esperimento ha evidenziato che il cannabidiolo riduce gli effetti gratificanti delle droghe e influisce sulla memoria contestuale, ovvero la capacità di ricordare la fonte e le circostanze legate a un evento specifico.

CBD effetti sul cervello: in conclusione

Attualmente, non esistono prove sufficienti per confermare gli effetti positivi del CBD sulla memoria in individui con funzioni cognitive intatte. Tuttavia, è importante notare che questa sostanza non ha effetti nocivi sulla memoria, a differenza di quanto spesso si crede.

Gli studi sugli effetti del CBD sulla memoria hanno fornito risultati promettenti e suggeriscono il potenziale utilizzo del cannabidiolo nella cura di gravi patologie.

La ricerca sull’uso del CBD negli esseri umani è ancora in una fase iniziale e richiede rigorosi protocolli scientifici. Tuttavia, i risultati ottenuti finora sono incoraggianti, aprendo la strada a possibili nuove normative sull’uso della cannabis.

Nel frattempo, è possibile esplorare gli effetti benefici del CBD visitando il nostro CBD Shop Online.

Vi aspettiamo!

 

DOMANDE FREQUENTI


Cosa fa il CBD al cervello?

Secondo gli studi, il CBD può influenzare il cervello in diversi modi:

  1. Interazione con il sistema endocannabinoide (SEC): influisce sul sistema endocannabinoide del corpo, che regola vari processi nel cervello;
  2. Riduzione dell’ansia e dello stress: può ridurre l’ansia e lo stress attraverso l’interazione con i recettori cerebrali coinvolti in queste risposte;
  3. Riduzione dell’infiammazione cerebrale: il CBD ha proprietà anti-infiammatorie e può ridurre l’infiammazione nel cervello, con possibili benefici per condizioni neurologiche;
  4. Controllo delle crisi epilettiche: può aiutare a controllare le crisi epilettiche agendo sui segnali elettrici nel cervello;
  5. Miglioramento del sonno: può avere un effetto rilassante, contribuendo a migliorare la qualità del sonno;
  6. Potenziale effetto antipsicotico: il CBD è stato studiato per un possibile effetto antipsicotico in alcune condizioni psichiatriche;
  7. Modulazione del dolore: può influenzare la percezione del dolore agendo su specifici recettori nel cervello;
  8. Effetto neuroprotettivo: alcune ricerche suggeriscono che il CBD possa proteggere le cellule cerebrali da danni.

Ricorda che l’effetto del CBD può variare da persona a persona e la ricerca sulla sua interazione con il cervello è ancora in corso.

 
Quando non prendere CBD?
Il CBD è generalmente considerato sicuro, tuttavia ci sono alcune situazioni in cui potrebbe non essere appropriato o richiedere una particolare cautela, come:
  1. Interazioni farmacologiche: se si stanno assumendo altri farmaci, soprattutto anticoagulanti, antiepilettici, alcuni antidepressivi e farmaci per il cuore;
  2. Gravidanza e allattamento: non ci sono abbastanza ricerche per garantirne la sicurezza;
  3. Condizioni di salute preesistenti: problemi di fegato, disturbi della pressione sanguigna o altre condizioni mediche gravi;
  4. Bambini: usare solo sotto stretta supervisione medica;
  5. Reazioni allergiche o sensibilità: interrompere l’uso e consultare un medico in caso di reazioni avverse.

Consultare sempre un professionista sanitario prima di iniziare l’uso del CBD.


Quanto impiega il CBD a fare effetto?

Ecco una panoramica dei tempi approssimativi di azione del CBD per diverse modalità di assunzione, secondo gli studi clinici:

  1. Assunzione orale:
    • Inizio d’azione: 30 minuti – 2 ore
    • Effetto completo: 2-6 ore
  2. Inalazione:
    • Inizio d’azione: entro pochi minuti
    • Durata degli effetti: 1-3 ore
  3. Applicazione topica:
    • Inizio d’azione: 15-45 minuti
    • Durata degli effetti: diverse ore (localizzati)
  4. Assunzione sublinguale:
    • Inizio d’azione: 15-30 minuti

Questi tempi sono approssimativi e possono variare da persona a persona. La dose, la sensibilità individuale e la natura dei sintomi influenzano l’efficacia e la durata del CBD.

📖 Fonti Scientifiche e Bibliografia


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