cannabis terapeutica

Cannabis terapeutica: la sua storia

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Nel corso della storia della farmacologia esistono numerosi esempi di farmaci ampiamente diffusi, prescritti dai medici come una sorta di panacea, ossia come cura di tutti i mali, successivamente trascurati, dimenticati o addirittura proibiti. Uno di questi è sicuramente la marijuana. La cannabis terapeutica, infatti, ha alle sue spalle una lunga storia.

Divenuta molto popolare nel 19 ° secolo, scompare dalla farmacopea ufficiale all’inizio del 20 ° secolo. Purtroppo, problemi di natura economica, sociale ed etica, hanno profondamente influenzato e ostacolato l’utilizzo medico della cannabis. Tuttavia, prove scientifiche recenti relative all’efficacia e alla sicurezza dei farmaci, hanno permesso di riconsiderare questa pianta e di permetterne l’uso terapeutico.

Cannabis terapeutica: i primi usi

La storia millenaria della Cannabis, testimonia la sua ampia utilità per molti scopi, come fibra, cibo e medicina, al di là del suo uso come sostanza psicotropa.

Risale al 2900 a.C. la prima testimonianza dell’utilizzo della cannabis a scopo terapeutico. In Cina, infatti, faceva parte delle 50 erbe mediche fondamentali nella farmacopea (l’elenco ufficiale dei farmaci) dell’imperatore Shen Nung.

La cannabis, nella sua storia millenaria, è diventata una pianta curativa d’uso comune in ambito medico e non solo. Ad esempio, i suoi semi venivano utilizzati di frequente nelle diete in moltissime aree del mondo. Inoltre, fino a circa un secolo e mezzo fa, la maggior parte della carta prodotta nel mondo era ricavata dalla pianta di canapa.

A metà del XIX° secolo, la cannabis a uso medico era diffusa in tutta Europa. Da metà secolo in poi, però, un veloce e rapido declino ha portato la cannabis a sparire. Essa, infatti, ha subito forti restrizioni da parte dei governi di tutto il mondo, che la proibivano sia per uso medico che ricreativo.

Dai primi decenni del ‘900, gli Stati Uniti e, a seguire, moltissime altre nazioni del mondo, pubblicarono leggi che compromisero la produzione di canapa industriale. Uno dei motivi che portarono a questo declino, fu l’assenza di effettive prove scientifiche. Allora, infatti, non erano stati isolati i principi attivi presenti nella cannabis. Senza conoscere le sostanze che caratterizzano la pianta, era impossibile compiere studi mirati e approfonditi.

La riscoperta della cannabis terapeutica

Le cose cambiarono negli anni ‘60 grazie al pioniere della ricerca sulla cannabis: il professor Raphael Mechoulam, scienziato ancora oggi impegnato presso la Hebrew University of Jerusalem.

Nel 1964, quando lavorava all’Istituto Weizmann in Israele, Mechoulam fu il primo a isolare e analizzare il delta-9-tetraidrocannabinolo (ossia il THC). Lo scienziato israeliano è lo scopritore anche del cannabidiolo (CBD), individuato già nel 1963. Le sue pubblicazioni costituiscono la base per la ricerca scientifica sulla cannabis. Da allora, infatti, l’interesse da parte della comunità scientifica non ha mai smesso di crescere.

Attualmente la percezione del valore e del potenziale della Cannabis sta cambiando in tutto il mondo, con un ritorno al passato. In particolare, la Cannabis medica sta ricevendo una maggiore attenzione da pazienti, medici e regolamenti governativi. Questo grazie ai recenti studi che hanno dedotto la caratterizzazione chimica dei cannabinoidi e scoperto il loro bersaglio naturale, cioè il sistema endocannabinoide.

Questi nuovi studi hanno fornito prove della sicurezza e dell’efficacia della Cannabis nel trattamento di numerose patologie, utilizzando estratti con un contenuto noto di cannabinoidi o molecole attive purificate (o anche sintetizzate).

La cannabis ha avuto particolare efficacia nelle condizioni di spasticità associate a sclerosi multipla, dolore cronico, nausea e vomito causati dalla chemioterapia e stimolazione dell’appetito nei pazienti con cancro o HIV.

La situazione in Italia

A partire dal 2006 anche in Italia, secondo quanto stabilito dal Ministero della Salute, i medici possono prescrivere farmaci galenici preparati all’interno di farmacie autorizzate. Per produrre questi farmaci, viene utilizzato il Dronabinol. Si tratta di una sostanza attiva vegetale a base di cannabis, ottenuta dalle infiorescenze essiccate e macinate, da cannabis coltivata previa autorizzazione da parte dell’Organismo Statale per la Cannabis. Dal 2013 può essere prescritto da parte del neurologo anche il SativexR, prodotto registrato come medicinale a base di estratti di cannabis. Questo farmaco risulta particolarmente utile nella riduzione di spasmi dolorosi provocati dalla sclerosi multipla. Il relativo principio attivo è costituito da una preparazione vegetale che vede la miscela di due estratti della cannabis sativa: CBD e THC. Quest’ultimo è classificato come medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa, da rinnovare volta per volta.

I più comuni medicinali a base di cannabis possono essere assunti tramite due specifiche modalità previste dallo stesso Ministero:

  • Decotto (assunzione per via orale): prevede l’immersione del preparato galenico in acqua bollente da mantenere in infusione per circa 10/15 minuti, per poi filtrare il decotto ottenuto prima di procedere all’assunzione mediante ingestione.
  • Vaporizzazione (assunzione per inalazione): in questo caso si utilizza uno specifico dispositivo elettronico che, mediante riscaldamento, genera una quantità di vapore, successivamente inalato dal paziente.

I dosaggi e le modalità di assunzione variano in funzione di quanto previsto dal piano di trattamento redatto dal medico responsabile della prescrizione di tale trattamento.

Chi ha diritto alla cannabis terapeutica

Secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale approvato dal Ministero della Salute, “l’uso medico della cannabis non può essere considerato una terapia propriamente detta, bensì un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard, quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati, o hanno provocato effetti secondari non tollerabili, o necessitano di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali.” Questo significa che tutti i pazienti che non hanno riscontrato benefici tramite cure convenzionali o hanno presentato eventuali effetti collaterali, possono ricorrere ai trattamenti a base di cannabis terapeutica. In tali situazioni, il medico di base o lo specialista ha la facoltà di prescrivere il trattamento alternativo.

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